mercoledì, settembre 27, 2006

FABRICIO SIMEONI


É nato a Rosario nel 1974. Ë giornalista, coordina l’Atelier Letterario del Centro Culturale Fisherton Stazione Antartida Argentina. Codirettore della rivista letteraria “Los Lanzallamas” e participe al Festival Internazionale di Poesia nel 2001. Durante il presente anno ha avuto parte nella direzione e scelta di concorsanti in vari certami letterari.
Finita la Media nell’Istituto Parrocchiale Stella Maris di Fisherton, ha continuato i suoi studi all’Universitá Nazionale di Rosario, Facoltá di Scienze Economiche e Facoltá di Psicologia. Posteriormente, ha continuato la sua carriera giornalistica all’Istituto Tecnico Superiore di Scienze della Comunicazione. Adscritto della Cattedra Giornalismo Grafico Integrale con il Prof. Daniel Battisti, e accanto al suo perfezionamento professionale, ha frequentato corsi di teatro con la Prof.ssa Paula Garcia Jurado, quello che prova la sua squisita sensibilitá verso l’arte in tutte le sue manifestazioni.
Negli albori della sua prassi professionale, ha partecipato a programmi di diverse reti radiali come: Canta Brasil , Sol de Noche, Jaque Mate, Entre vos y yo, Sin Fronteras, tra altri. Tra le sue pubblicazioni meritano speciale menzione: Papeles (Pubblicazione del Sindacato dei Mass Media), Espacio y tiempo (5000 copie settimanali), Kreciendo (2000 copie settimanali), Cilsa la gente (80.000 copie mensili), La Presente (5000 copie mensili); inoltre, partecipa da alcuni anni a Cicli di Lettura organizzati dalla Segreteria di Cultura Provinciale e Municipale.
Oggigiorno collabora al Centro Cuturale Fisherton nell’area di Letteratura nella direzione di varie attivitá.


“...Un altra goccia come quella precedente con la certezza di sapere che quando finisca il suo ciclo sará diventata poema...”
F.S.



CRONOS




Ai miei genitori Clara e Renato


UOMO

Sono abituato ad abituarmene
con l’insignificante senso delle parole
e non so se l’uomo ha dato le ore al tempo
o il tempo delle ore all’uomo.
Sono libero entro le mie prigioni,
calma funesta da scapparci
e non so se gli dei hanno creato
il mondo per gli uomini
o gli uomini il mondo per gli dei.
Vivo la mia morte
tacito corridoio che aborrisce dal buio
e non so se sono io che tenta di scrivere
o chi scrive tenta di essere io.

Fabricio Simeoni


(FUORI TEMPO)
QUANDO PAROLE NON CI SIANO PIÙ

Il giorno e la notte, l’amore e l’odio, il cielo e l’inferno.
Parole...
Parole come praterie, come mari. Parole come impetuoso apparire, come fugace nascondiglio, come storia circolare. Parole come alito, come preghiera e presagio. Parole dell’anima, del fuoco. Parole in estensione, parole in estinzione.
Parole...
La parola e la sua atemporalità, il suo spazio, la sua accezione. La parola e la sua eternità, la sua mistica, la sua canzone, la parola e la sua singolarità, il suo relativismo, il suo inganno. La parola e il suo anacronismo, la sua sensualità, la sua duttilità.
Parole...
La parola come il segno dei tempi è venuta ad essere lo strumento attraverso il quale gli esseri umani cominciarono ad avere rapporto tra di loro, ad esprimere i loro sentimenti, le loro paure e i loro pensieri, ad attribuire un nome a ciò che percepivano e sentivano.
Parole...
La parola è, è stata e sarà fuoco sacro. Però,siccome non c’è niente che sia per sempre, il tempo continuerà a modificare le strutture, le sensazioni, gli stati d’animo, i pensieri e i modi di essere degli individui.
Ciò che oggi significa, chissà domani no, ciò che oggi è effimero, chissà domani sia eterno. Perchè tutte le cose sono del vento, le nostre parole se ne andranno con lui dove predichi il silenzio...Però, tutto ciò che trascorre lascia tracce.


VIVERE NEL MONDO

“Il mondo è profondo, e più profondo da quanto il dì l’abbia pensato !”
Nietzsche

La realtà colpisce permanentemente contro il tuo petto con il conseguente accrescersi del potere dell’ingenuità, affratellandosi con la solitudine in cui trascorrono i nostri giorni. Il turbine delle immagini e la pieghevolezza e l’inverosimile intrigo informativo ha logorato la tua mente ostacolando la via dei sentimenti e facendo diventare insensibile ciò che in te prima era sensibile. Il giallo e il sensazionalismo convivono tra sè e sè in modo tale che il valore dei nostri spiriti va perdendo consistenza.
Quello perpetuo è diventato triviale e passeggero, quello fondamentale divenuto banale e quello essenziale ora estetico e formale. Gli attuali valori umani sembrano appuntare i rapporti e le azioni talmente flessibili e frivole, quello che interessa è dove vivere il presente e vivere dal presente. La dipendenza oppressora che impone il consumismo tenta di alimentare le nostre vanità e trasgredisce qualsiasi aspetto ontologico. Il narcisismo ha formato superuomini, chi perde non c’è e chi trionfa sembra deificarsi ed eternizzarsi.
L’abisso che separa il successo dal frallimento è noto, quando in realtà sono le situazioni quotidiane che convivono tra di noi e bene potrebbero stare insieme.
Sogniamo un mondo dove la fantasia sembra di essere l’unica realtà. Ricuperare il mistico e l’essenziale ci permetterebbe forse evoluzionare, dare uno sguardo verso l’intimo di ognuno forse cambierebbe i valori fin oggi tergiversati.
Sogniamo un mondo dove il sole è nascosto dietro un ammasso di dense nuvole, dove la notte ha seppellito il giorno, dove la storia ci ha mostrato la sua ipocrisia.
Sogniamo un mondo finchè qualcuno si svegli.


CAMBIARE PER SENTIRCI VIVI

Un’ insaziabile divoratore di sensazioni colpisce l’infaticabile ricerca delle anime.Un vanitoso mondo ostile ci mostra le più trasgressore apetenze che soltanto colmano aspetti desiderevoli. Complesso il semplice e semplificato il complesso, l’uomo udì la sua urla sperdendosi nella densità della notte. L’utilitar(ismo), il pragmat(ismo) e altri sorpassano dei valori, come la libertà, la giustizia, e la verità. Sentimenti repressi perturbano il senso della vita.
Molte volte, la solitudine è un sensato invito a scappare dalla stupidagine quotidiana e dalla superficialità imposta. Molte volte, sognare ci permette di evadire la realtà virtuale che consuma il nostro subconscio. L’insicurezza è l’alleata che persiste alla scadenza dei tempi.
L’essere è, e in nessun momento può non essere, il non essere è, e in nessun momento può essere.
L’essere oltrepassa i limiti d’una semplice esistenza, il non essere, occasionalmente va oltre i confini dell’inesistente. L’essere non sempre significa stare vivo. Il vivere ha irrimediabilmente bisogno dal fatto previo di sentirsi vivo.
Posso volare ed evitare la pesantezza che impone l’aria. Posso volare e le mie ossa non sono aerodinamiche. Posso volare e vedere quella infima luce attraversare il cielo. Mediocre è l’oppressore buio che impone l’ignorante. Cambiare è tornare a sentire, e tornare a sentire significa essere nuovamente.
Cambiare ...per sentirci vivi.


ESISTENZA IN UNO STATO CRITICO

Una dose di alterità accorre con urgenza estrema.

“La società umana somiglia molto una cupola che andrà per terra se delle sue pietre,una non fosse il sostegno delle altre: quello che sopporta tutte è il loro reciproco appoggiarsi su sè.”
Séneca

L’uomo è per natura un essere sociale che permanentemente tenta di avere rapporti e interagire con il medio (contesto) e con tutti quelli che compongono il sistema, modificandolo e a sua volta modificando se stesso.
L’umo in isolamento corrompe il suo istinto naturale e diventa inesistente nella storia dell’umanità,...forse, la misantropia non è improduttiva per lo sviluppo umano e alla volta rappresenta una forma di autodistruzione? Eppure l’isolamento è un sottile staccarsi di questo antivalore.
Intensivi atti d’individualismo propagano un atomismo sociale in detrimento della natura umana. Quell’istinto (basico) primario di conservazione della specie sembra l’unica paradossale premessa di trovarsi a se medesimo.
E alziamo i bicchieri per celebrare l’iniquità, la degradazione e le vittorie individuali, le differenze, per celebrare un’introspezione autodistruttiva. Festeggiamo perchè amiamo il nulla e non ci accorgiamo che l’unica cosa che giustifica la propria esistenza è lo sguardo dell’altro. Soltanto questo sguardo riflette, come uno specchio, i segni vitali che abbiamo e che originano l’idea razionale di essere.
Sebbene l’idea di alterità di Sartre sembri seppellita, vorrei appellare ad una parola che credo ancora ci sia in questo vocaabolario surrealista: solidarietà.


CONDANNATO

Sono da solo in questo apparente paesaggio selvatico dove tentiamo di costruire ciò che siamo, ma non facciamo niente. L’apparente affoga l’aria, [non c’è altra realtà oltre a quello che uno crede di essere, non c’è ltra realtà oltre ad un’ apparente percezione virtuale, non c’è altra realtà oltre ad una relativa visione di quello che non vediamo.] Perchè la ciechezza nasconde i miei occhi dietro una nuvola di polvere che solotanto pensa a lasciare i vestigi che nascondono ancor più occhi.
Sono da solo in questo teatro di farse dove gli attori protagonizzano una stupida scena inesistente, inesorabile ma inesistente. La bugia perturba i nostri cervelli incendiati dall’insensibilità che dentro loro producono incommensurabile quantità d’immagini che tentano di dargli forma dall’amorfo, in modo tale che intorpidisce l’inconscio e fa diventar vile la conscia sensazione vitale di trovare un senso a questa travagliata via.
Sono da solo e mi colpisce lo stupore che provoca non sapere cosa c’è al di là, non sapere da dove vengo, non sapere dove andare, non sapere nemmeno perchè me lo stia a domandare, non sapere chi sono, non poter trovare spazi di tempo logico fra questa illogica atemporalità, per poter scappare al mondo.
Sono da solo...
Entro questo mondo di possibilità soltanto ho trvato limitazioni, soltanto ho trovato schiavitù. Ho visto la mia libertà dissanguarsi in una cruciale battaglia d’incerto destino, e non ho saputo scegliere tra quello che era e quello che dovrebbe esser stato essere, e non ho saputo distinguere se il sogno era realtà o la realtà era sogno, e non ho saputo creare castelli di cristallo indistruttibili.
Entro questo mondo di mistero e incertezze soltanto ho trovato irraggiungibili aneli, illusioni irrealizzabili, ansie di conoscere l’ignoto, impulso di comunicare l’incomunicabile, piacere di godere l’effimero e fede per cercare quello che non si trova.
Entro questo mondo di consegne deterministiche una terribile e poterosa solitudine ha invaso la mia anima.
Entro questo mondo...
Dagli azzardi vivono gli uomini, che comincia col costruire d’un cielo dove muoino gli uccelli , che scolpisce sorrisi pagani che si sciolgono nel silenzio della notte per inventare parole che soltanto il vento saprà ascoltare.
Dagli azzardi vivono gli uomini, che ergono dei per gli uomini, che ergono uomini per gli dei, che idolatrano gli spettri, che profanano istanti, che tracciano sentieri circolari, che impongono preghiere per edificare la consolazione.
Dagli azzardi muoino gli uomini che cominciano a costruire il cielo dove muoiono gli uccelli .
Dagli azzardi...


FILOSOFIA

Odio alla sapienza o amore alla decadenza?
Se partissimo d’un concetto etimologico, potremmo dire che la parola filosofia proviene dal greco filo che significa amore e sofia che significa sapienza. Filosofia è lo studio delle cause prime e dei principi primi delle cose, questo è il perchè delle cose e il suo origine ha inizio nella Grecia di Tale di Mileto.
Ciò nonostante gli essagerati sforzi di postulare la Filosofia come madre di tutte le scienze e fondamentalmente come modo di vita, si ha speculato troppo sul suo regno. Ciò nonostante nell’antichità la si considerò come madre di tutte le scienze, nel medioevo mantenette un ardua disputa per occupare il centro con la teologia, nella modernità ricuperò qualche terreno, ciò nonostante la sua rivaltà con le matematiche.
Nell’attualità non si filosofa ormai. La tecnica, la scienza e l’informatica avanzano in modo esiziale. Oggi la Filosofia sembra al margine e con lei rimangono indietro cosmogonici, atomisti, pluralisti, idealisti, sofisti, estoici, epicurei, cinici, razionalisti, empiristi, positivisti ed esistenzialisti.
Non se ne parla più della dialettica, della retorica o della maieutica, non ci domandiamo sull’essenza dell’essere, sulla natura del nulla e sull’origine del cosmo. Oggi sembra che non c’interessi da dove veniamo o dove andiamo, oggi non parliamo sulla metafisica cercando una causa divina perchè crediamo che un computer ci risolverà tutti i problemi con soluzioni magiche ed è allora quando ci brucciamo il cuore parlando sull’Internet, sulla biotecnologia, sulla clonazione e sull’estetica dell’immagine.
L’indifferenza dell’uomo fa sìcchè l’unica occupazione sia l’idea di credere che la macchina possa qualche giorno pensare come lui, sebbene sia paradossalmente fatale che l’uomo pensi come una macchina.
Rivendicare la Filosofia sarebbe rinascere, sarebbe diffendere e porre nel suo posto gli ideali calunniati durante anni, sarebbe tornare vendicare le idee innate, sarebbe creare una nuova apologia per amore alla sapienza.


MONDO SUICIDA

L’evasione della realtà porta verso l’inevitabile. Forse giocargli una partita al destino o all’azzardo disputargli la forza è l’unico modo di vincere Dio. Chissà per molti questo sia l’ultimo grande atto etico dell’uomo contro quello rutinario.
Questa problematica della fine del secolo acquisisce una trascendenza rilevante e fondamentale, gicchè, lungo la storia, i pensatori si sono fermati a riflettere e a dsicorrere sulle possibili cause che portano a questa fine.
Viviamo in un mondo di molteplici alternative e il suicidio sembra manifestarsi come uno di loro. Quando le false uscite sembrano finite e nessuna può soddisfare le intrinseche necessità dell’essere umano, è quando si produce una ruttura, uno squilibrio, uno stato d’insoddisfazione che precede ciò che possibilmente culminerà in suicidio.
Amore, odio, paura, valore, rassegnazione, affrettamento, valentia e impietosa serenità, sono alcuni degli antagonici sentimenti che si mescolano nella vita d’un suicida.
Suicide altruisti, egoisti o anomici, vanno da un lider d’una banda di rock che si toglie la vita perchè “odia” la gente, fino ad un gruppo settario che si autodistrugge perchè considera che un cometta gli darà la vita eterna, da un pilota kamicaze che per amore alla sua patria perde il dono vitale, fino a quel disperato che attaraverso l’eutanasia decide di non soffrire più. Casualità o causalità, il suicidio trascende i limiti che le leggi della nostra esistenza davanti all’indifferenza di quelli che solo contemplano.



INCATENATI

Vivere non sembra di essere un compito semplice. Quando più ha tentato l’umanità di ottenere la sua desiderata libertà, sono divenute altre tappe di schiavitù. Cosiccome istintivamente tutto uomo cerca di togliersi d’addosso la forza esterna che lo contiene, in altre parole, cerca di essere libero. Un sentimento antagonico pare che introduca un desiderio ad esaurire sotto pressione, sotto soggezione all’autorità.
Col trascorrere del tempo e con l’uso del arma più poterosa che possiedono gli esseri umani si tentò di affianzare l’idea di coscenza individuale e grandi apporti si sono realizzarti riguardo le scienze come la filosofia, la psicologia, la sociologia, l’antropologia. Infatti, attraverso l’uso della ragione sono rimaste indietro le tappe buie della storia umana, storia che ha come autore e attore principale l’uomo medesimo. Così sono rimasti indietro l’inquisizione, il feudalesimo, i totalitarismi (nazismo e fascismo), le situazioni belliche estreme, gli autoritarismi, ecc.
Oggi l’uomo sembra conscio di sè e si riconosce come unico e irripetibile. Ciò nonostante il grado ottimo di libertà anelita non ha ancora raggiunto quello richiesto e che ci vuole per le esigenze imposte dal vivere, altre sono le forme di schiavitù e, sebbene la dipendenza non sia più fisica, ancora non abbiamo ottenuto un grado di autarchia ideologica.
Quando l’uomo viene individualizzato, più rilevante é e quindi viene manifestata la sua sete di potere. Quando questo capita, l’uomo da essere un scopo passa ad essere un mezzo; quello che più potere abbia sarà quello che crederà di avere la disponibilità assoluta, ideologica dei mezzi. Allora, un profondo sentimento oltrepassa quello della libertà, la solitudine. E sebbene fisicamente la società virtualmente ci facilita compagnia, la solitudine di cui parlo è la solitudine morale.


ANNUNCIO D’UNA MORTE CRONICA

Cos’è la morte?
Sarà per caso uno degli interroganti che appare nell’esteso elenco che possediamo gli esseri umani e di cui non ne abbiamo nè la capacità nè la conoscenza sufficente per poter concettualizzare esplicita ed universalmente. Chissà sia una delle tante questioni inconcluse che l’umanità non ha ancora develato. Ciò nonostante conosco intimamente assai bene la risposta o al meno credo di avere la sensazione di avere esperimentato più di una forma di morire.
Cosiccome non risulta imprescindibile esser morto per corroborare che abbiamo vissuto, nemmeno manca sapere che abbiamo vissuto per capire che siamo morti.
La morte è il costante tic tac delle ago d’un orologio rettangolare che gira nel senso elittico lasciando un’idea inverosimile di quello perfetto. Significa scappargli al labirinto del tempo che non possibilita nè proporziona alcuna uscita in più da quella del suo proprio ermetismo. Significa veder cadere la pelle senza che il sangue provochi più dolore che il sangue.Significa addentrarsi nel mistero di non poter costatare se sono stato, sono , o continuerò ad essere. Significa non esistere allo scopo di quello che esisteva ed esistere allo scopo di ciò che non faceva, esser nato ed aver vissuto.
La morte è indifferenza, dolore, ingiustizia, stanchezza, abitudine, robina,è rileggere le opere complete di Nietzsche perchè niente di nuovo soddisfa l’inquietudine che significa capirmi, è inventare una parola per credere che la verità è tanto mia come quella. Significa rompere con la relatività della paura per presagire in silenzio una sfumatura del nero, significa inventare Dio per avvicinarmi all’eterno. Significa non voler essere per guardare la luce che sono stato nel mio fragile sogno dell’infanzia, significa esser nato, significa aver vissuto.


L’ESSENZIALE È INVISIBILE AGLI OCCHI

Fin dalla sua concezione, l’uomo ha potuto distinguersi dagli animali grazie all’utilizzazione di una delle parti fondamentali del corpo, le mani.
La teoria evoluzionista indicava che l’ homo sapiens raggiungeva una forma analoga a quella dell’uomo attuale, avvalendosi dalle sue gambe per sostenersi e muoversi, lasciando le sue mani lebere per compiere diverse attività che gli permetterebbero di soddisfare le sue insaziabili bisogni.
In questo modo l’uomo ha potenziato i suoi pensieri e ha messo in pratica le sue teorie, le sue idee e i suoi progetti. L’uso delle sue mani gli ha permesso di costruire un focolare, di acquisire i cibi, di vestirsi e di lavorare.
Le sue mani rappresentano la fratellanza, la solidarietà, l’unione. Le mani dei nostri nonni e i nostri genitori sono un referente mistico, sono loro chi attraverso lo sforzo affannoso tentarono e tentano di costruire il nostro futuro lottando contro le avversità, contro i condizionamenti e contro gli ostacoli imposti dal mondo d’oggi.
Le loro rughe non sono più che una mostra di quello essenzialmente bello, dato che quello essenziale è invisibile agli occhi.
Certamente in queste mani si trovano l’amore e la pace, il pianto e la stanchezza, il divino e il naturale, l’eterno e l’essenziale, quella perpetuo e fondamentale.
Imitare i loro esempi ci permetterà di creare nuovi paradigmi per costruire un futuro prospero.
Mettere insieme le mani ci farà seppellire le differenze, le disuguglianze, le ingiustizie, le guerre, le violenze, le morti, il terrore, e tutti gli altri mali che colpiscono il pianeta. Mettere insieme le mani distruggerà la barriera della stupidagine e della mediocrità, perchè l’unione fa la forza e le mani faranno l’unione.


PER LA LIBERTÀ

“La libertà si trova nell’essere padrone della propria vita, nel non dipendere da nessuno in nessuna situazione (occasione), nel subordinare la vita soltanto alla propria volontà senza dare retta alla ricchezza.”
Platone

Inconscia e inflessibile la realtà, è lontana da dimostrarci che in qualche modo Platone tentava di esprimere in questa frase introduttoria.
Col trascorrere del tempo s’è lasciata da parte l’idea forse un tanto astratta d’indipendenza e redenzione. Col trascorrere del tempo l’uomo è diventato più schiavo della sua desiderata libertà.
Paradossale risulta osservare che, davanti alle indeterminate possibilità e alternative che possediamo gli esseri umani, sia tanto costoso decidere e siano tanto critici e complessi il discernimento e la scelta.
Posteriore alla Rivoluzione Industriale e con l’avvenimento dell’era tecnologica, un’importante sfumatura di possibilità ha offerto al mondo cambiare la sua scura e inumana sfumatura. Ciò nonostante quello, oggi ci troviamo immersi in un dualismo che sembra irreversibile; il dualismo a cui faccio riferimento è l’uomo in solitudine. Davanti alle innumerevoli possibilità che ci offre il mondo d’oggi, ci sentiamo da soli, ci sentiamo senza la capacità di discernere e di decidere in quale modo agire. In questo punto, la paura è un fattore che squilibra e che prevale nella presa di decisioni.Pare qualcosa ciclica, tutto inizia e finisce dove s’impone la paura.
Questo sentimento tragico di solitudine derivata dal fattore timore non fa sì che promuovere la libertà vuota della schiavitù.
Nascondersi o diventare borghese non fa altro che alimentare la paura, quindi aumentare il grado della solitudine regnante.
C’è soltanto una ragione che determina che la nostra missione nella terra non sia ancora esaurita, la ragione di stare vivo.


TOLLERARE È LA CONSEGNA

Molto si può dibattere sulla morfologia e sulla fisiologia antropologica in rapporto con il potere, sappiamo che la congiunzione di aspetti inerenti all’esistenza condizionano la natura umana. Quello psicologico, quello biologico e quello sociale determinano gli atteggiamenti.. Inoltre sappiamo che l’uomo è influenziato da un aspetto culturale tradizionale storico che determina gli aspetti della sua personalità, anche quello genetico ha una possibile rilevanza attraverso l’agire degli uomini, tuttavia consideriamo l’uomo come un essere sociale,quindi il contesto e gli altri uomini hanno un rapporto con lui determinando in questo modo i gusti, l’ideologia e gli atteggiamenti.
Anche, avvertiamo che ci vuole il potere in qualsiasi ordine della vita in rapporto con gli altri. Diverse teorie indicano che , nella natura dell’uomo, un costante egoismo l’impulsa quasi illimitatamente a cercare soddisfazioni. L’abuso del potere è un calco dell’intolleranza che domina le menti ostili, soggiogando e alienando a chi in nome della giustizia, la libertà e la verità vedono privata la loro possibilità di sviluppo individuale e collettivo. Vedendo davanti la bugia e la morte, macerie della sua storia personale impossibilitano la crescita della storia dei popoli.
Però, l’uomo ha nascosto nella sua natura un aspetto altruista, solidale e compassivo che, coniugato a precetti morali e a un percentuale di tolleranza, gli permetterà di raggiungere un ottimo grado di libertà, per trovare la virtù nella giustizia. Comunque, la dignità è il valore fondamentale che abbiamo come esseri umani, temiamo che la morte atenti nuovamente contro un diritto naturale, il diritto alla vita.


ISTINTO ANIMALE

Un ritorno al paleolitico
Un fenomeno evidente è stato istaurato nei diversi strati sociali che integrano il pianeta. Qualsiasi conflitto, qualsiasi opposizione e qualsiasi antinomia sembrano di avere rimedio attraverso la vemenzia, la rabbia e l’aggressività..
Diversi pensieri hanno tentato di spiegare l’origine e le cause della violenza. Punti di vista biologici, psicologici e sociologici potrebbero infatti farlo molto bene.; ma il disincanto e lo scontento sociale regnante hanno fatto risorgere uno stato alienante che indeffettibilmente produce una involuzione storica, che bene potrebbe somigliarsi alle epoche paleolitiche quando l’uomo agiva quasi irrazionalmente, rispettando soltanto il suo impulso e il suo istinto animale.
La violenza è stata sistemata nel nucleo fondamentale della convivenza e del sostegno sociale, la famiglia, e con ciò distruggeva i mille focolari, aboliva il dialogo, il dibattito e il discenso. Pare che davanti ad ogni situazione conflittiva tutto si accomodi a colpi .
Sono vari i pensieri che hanno tentato di spiegare l’origine e le cause della violenza. Infatti, punti di vista biologici, psicologici e sociologici lo potrebbero fare bene. Ciò nonostante, il disincanto e lo scontento sociale regnante hanno fatto risorgere uno stato attaccato indiffettibilmente alla produzione d’una storia regressiva che bene potrebbe somigliarsi all’epoche paleolitiche in cui l’uomo agiva quasi irrazionalmente rispettando soltanto il suo impulso e il suo istinto animale.
La violenza è sistemata nel nucleo fondamentale della convivenza e del sostegno sociale, la famiglia, distruggendo i mille focolari, il dialogo, il dibattito e la diversità. Pare che davanti ad ogni situazione conflittiva tutto venga riparato a colpi. Man mano che passa il tempo, più sono le copie sciolte dalla violenza coniugale, mentre ogni giorno incresce il maltratto ai minorenni bruscamente e senza misure.
Certamente allarmante è pensare alle generazioni venture di ragazzini con impedimenti fisici e psichici causati dai diverse violenze familiari. Inconcepibile risulta che certi adulti versino le loro paure maltrattando e aggraviando la tenerezza dei piccoli e, sebbene sia paradossale, sicuramente sono le paure a ciò che loro stessi sono stati qualche volta.
Chissà questa pesantezza ci permetta di spiegare il fenomeno di tossico-dipendenza infantile, la fugga, la solitudine dei più piccoli che percorrono le strade e che derubbano meno semplicisticamente, dato che ci sarebbero incorniciati da un ambito contestuale proveniente dalle difficoltà che gli sottomette quotidianamente in tanti focolari.
La realtà è dura e la società tante volte fa orecchie turde a questi fatti, perciò sarebbe conveniente che tanto la giustizia quanto il governo e le istituzioni abbiano parte a questo riguardo e facciano qualcosa, illuminino la coscienza della popolazione.
Far sparire la violenza familiare e il maltratto ai minorenni diventerà in progresso individuale, collettivo e storico.


UTOPIA E SPERANZA

“Nell’utopia di ieri si è incubata la realtà d’oggi, cosiccome nell’utopia del domani palpiteranno nuove realtà.”
José Ingenieros

L’epistemologia della parola “utopia” proviene dal greco ou che significa non y topos che significa posto, ma un posto che non esiste. Chi prima l’ha adoperata, ‘e stato il cancelliere inglese Tomasso Moro allo scopo di dare il nome alle sue opere nelle quali inventava un paese immaginario, con la sua accezione più frequente che indica fantasia, chimera, ideale, supposizione, progetto, sogno.
Le radici della parola speranza provengono dal latino sperare che significa aspettare con desiderio. La sua definizione indica credenza, alito, consolazione e quello che desideriamo, aspettiamo o crediamo.
Oggigiorno le ideologie si sono perse, non ci sono più nuovi paradigmi, la società appare ogni volta più atomizzata, il narcisismo è quasi una costante dell’uomo attuale e il consumismo materialistico invade le nostre menti portando a un assurdo individualismo. L’utopia e la speranza vanno per mano formando chissà un dualismo salvatore che ci permetta di trovare la via persa e di dare forse un senso alla nostra esistenza.
Il mondo grida per un cambio radicale che produca l’abbandono del nulla improvvisato in cui siamo sommersi. Perciò sarebbe conveniente tornare a credere, tornare ad essere insieme, ad ordinarci ed a gerarchizzare i valori umani per cancellare lo spettro fantasmagorico e per risvegliare ad una società addormentata.
L’utopia e la speranza sorgono così, come un bisogno, una forma incoragiante di guardare più in là ed un possibile e nuovo sole. Alla fine dei conti, sognare non ci costa affatto.



CICLI


IL VOLO DELL’ UCCELLO

“Non sono le pietre quelle che fanno il focolare, ma la donna che l’abita.”
Proverbio Indiano

Quando la parola “donna” viene menzionata, sono diverse le connotazioni che attraversano la mia mente. Diversi sono i rapporti che vengono prodotti tra significato e significante. Rapidamente posso identificare questa semplice, e a sua volta complessa parola: EVA, chi mitologicamente fosse la prima donna a posare i piedi sull’ignota terra, dandole così l’origine al resto dell’umanità. Pure potrebbe avere rapporto con TERESA DI CALCUTA, chi ha dimostrato al mondo, nell’epilogo di questo millennio, che si può essere felice sebbene si sia allontanato dalle vanità. Una terza associazione che non petrei lasciare di menzionare è mia madre, CLARA, a chi devo la mia esistenza.
Attraverso la Storia, molti sono stati gli ostacoli che la donna dovette salvare per ottenere il posto che attualmente ha; per ottenere uno spazio degno entro la società e il rispetto che come essere umano merita. Nell’antichità la si considerava un essere inferiore all’uomo, anche la pensavano senza anima, la sua sola esistenza era in rapporto con la conservazione della specie. Andando avanti, con la storia immersa nell’età media, la donna è stata soggiogata e sottomessa ai lavori forzati ed oppressori. Dedicata all’agricoltura e al lavoro della casa; lei vedette limitata la possibilità di occupare un posto nella società e di esercitare molti dei suoi diritti. Passato il Rinascimento e trascorsa la Modernità, la donna acquisì a poco a poco ciò che merita. In questo modo il concetto d’inferiorità si va trasformando in ugualitario e i suoi diritti vengono rispettati come quelli di qualsiasi altro individuo.
Oggigiorno la donna tenta di raggiungere la sua tanto desiderata libertà, lottando contro le avversità delle menti ostili e conservatrici, buttando giù le barriere a lei imposte.
In un mondo di fantasie, la donna tenta di raggiungere il volo dell’uccello che spiega le sue ali per trascendere le frontiere dell’ignoranza.


CREDERE O CREARE

“Il rispecchio esiste”
La politica internazionale centra le sue forze nello studio dei rapporti mantenuti tra i vari stati che compongono il pianeta Terra. Ciò nonostante, il relativismo e il soggettivismo influiscono indeffettibilmente sulla realtà.. Comunque, lontana da essere una scienza obviettiva che sfugge a se stessa, non pare eccezione.
Le decisioni entro la politica internazionale sono prese da quelle che si considerano grandi potenze o paesi del primo mondo che allargano il loro potere e l’egemonia di certi stati sugli altri. Considelare l’FMI, la Banca Mondiale e le altre Istituzioni, organismi salvatori delle necessità e delle urgenze di alcune delle nazioni, risulta certamente illusorio. I programmi di assistenza sociale, nella stragrande maggioranza dei casi, faviriscono i paesi egemonici allargando i debiti degli asistiti in cifre incommesurabili col beneficio degli asistenti. La caduta degli autoritarismi e dei totalitarismi sono divenute una pseudo-democrazia dove, tranne le distanze, altre sono la farme di schiavitù e di morte. La povertà, la fame, e la disuguaglianza anche esterminano.
Parliamo della globalizzazione cosiccome uno sbaglio dell’integrazione mondiale. La polarizzazione tra gli stati è ogni volta maggiore, non ammette un punto medio, più per quelli che hanno di più e meno per quelli che meno possiedono.
La formazione dei mercati comuni fissano l’economia praticamente in un’unica idea. Il continente africano è il settore più dimenticato del pianeta e soltanto è osservato quando la convenienza e il pragmatismo chiamano alle porte di quelli che decidono.
Latinoamerica viene ad essere una specie di bufone di turno delle disposizioni politiche internazionali. L’affannosa e illusoria ricerca di potere ha distrutto le ansie di nuove utopie, ha distrutto il sentiero dei liberatori paradigmi. Dopo il rispecchio, la sete è ogni volta più forte.



IL TEMPO SPEGNERÀ LA STORIA ?

Nella sua visione cosmogonica, Eraclito scopriva che il cambiamento era una maniera di giustificare il principio, l’origine del cosmo. Quel costante divenire, strutturalmente poggiava sull’equilibrio di opposti allo scopo che esistesse il giorno dopo esser diventato notte, perchè esistesse l’amore prima di esser tramutato in odio, perchè esistesse la pace prima di esser divenuta guerra, e viceversa. Il cambiamento veniva ad essere per Eraclito, una massima seduttora che spiegava certi interroganti suscitati nell’antica Grecia.
Gli argentini, viviamo istanze d’un importante avvenimento politico. La possibilità di vivire in democrazia ci ha permesso l’accesso alle urne per scegliere liberamente una volta in più il Presidente della Nazione. Molti saranno i politicologi che avranno la possibilità di analizzare ideologicamente la situazione, molti saranno gli specialisti che avranno la possibilità di fare paragoni statistici con momenti precedenti della politica nazionale. Andando più in là, quello fondamentale risiede nella decisione di un popolo colpito dalla storia, che senza dubbi, diligente e avido tenta di vedere modificata la struttura sociale che non lo favorisce e che fino ad oggi è in crisi, con il peso che questa parola porta nel suo senso lato.
Più in là di apocalittici od ottimisti, oppositori od ufficialisti, conservatori o progressisti, liberali o pessimisti, strutture basiche o superficiali, l’intenzione fondamenta le sue radici nell’idea del cambio, cambio che, sottoposto a tutte le altre cose, punta su un futuro, essendo la prosperità uno stato essenziale dell’anima delle generazioni, perchè bisogna ricordare che quello mitico delle generazioni non soltanto risiede nel ricevere il legato precedente, ma anche in lasciare le sue ricchezze a quelle generazioni venture.


AMNESIA

La nostra società odierna frequentemente patisce di peculiari mali. La dimenticanza colpisce permanentemente il fiore dei tempi moderni in questa parte del pianeta, tentando di diventare malattia terminale per cui è impossibile trovare rimedio.
Questo stato di amnesia ha seppellito fatti aberranti che attentarono contro la dignità dell’essere umano e contro la storia di un paese sofferente oggi sommerso nelle più tristi e scure profondità dell’oblio.
Pare che l’uomo strutturi la sua vita sul presente senza avere in conto che l’oggi rappresenta lo sforzo di ieri per essere l’indomani, senza permettersi di sviluppare la sua coscienza individuale e collettiva, e senza ottenere il patrimoonio culturale storico dei popoli che pretendono di evoluzionare.
Comunque, una società che dimentica, è una società che non possiede presente,; una società che dimentica, è una società che non può vedere più in là delle strutture stabilite, dei sistemi imposti, e delle condizioni oppressore che soggiogano l’uomo alle estreme miserie.
Vicende d’impunità, calamitosi e inconcepibili genocidi e tappe di autoritarismo dove la morte e l’ingiustizia erano fatti quotidiani, denigrarono l’integrità dell’individuo ostacolando lo sviluppo sociale. La storia argentina è stata colpita da questi avvenimenti e l’amnesia a cui siamo sottomessi pare di averci vinto davanti alla possibilità di poter chiarirli e di trovare dei colpevoli.
Insensibilirsi e dimenticare risulta certamente un atteggiamento semplicistico; coloro che tentano di nascondere il passato sono coloro che non pretendono il futuro, coloro che non possiedono un’identità, coloro che tergiversano la storia. Di conseguenza, queste poche parole pretendono di ricuperare la memoria, pretendono di far ricuperare l’identità persa, pretendono ricordare. Ricordare per ripudiare, ricordare perchè non succeda mai più, ricordare per esiliare l’oblio.


ILLUSIONE PERSA

Gli argentini, di solito, soffriamo di uno stato di oblio inconscio che soltanto reprime e sublima gli aspetti della nostra storia che in qualche modo ci hanno aperto delle ferite profonde. Questo non ha fatto altro che, col trascorrere del tempo, parte del nostro passato sia stato desterrato, e che oggi lasciamo da parte. Il dolore convive con gli umani e aiuta a costruire il suo futuro, è la forma suprema di apprendimento, quindi non si può guardare verso un’altra parte quando c’è un passato che determina il presente in rapporto col domani.
Molti hanno nascosto quello che non volevano vedere, altri hanno annunciato che ciò che la convivenza e il pragmatismo gli dettava, e oggi, la maggioranza nemmeno si ricorda dei giovani caduti in una guerra che come tutte le altre è carente di fondamenta razionali. Faccio riferimento specificamente alla guerra di Malvinas. Oggi la maggioranza, nemmeno si ricorda dei giovani che hanno perso l’ illusione, che hanno perso il sogno di cambio.Un sogno che come quello mio e quello di tanti altri,è stato troncato nelle mani di quelli che hanno consegnato un fucile, assegnandogli la morte quasi per decreto.
Molte sono state le vittime fatali che con orgoglio e valore hanna patito quel terribile genocidio esecutato, molte sono le famiglie che ancor oggi lo patiscono, però molte sono le vittime che dopo l’assassinio in massa tentano di sopravvivere in questa attuale società ipocrita, e passano davanti ai nostri occhi quasi impercettibili. Affamati e senza un impiego stabile si sovrappongono all’indifferenza del mondo, alla discriminazione, all’odio e all’orrore.
Sebbene queste parole tentano di creare coscienza e di essere solidali col lettore, la cruda realtà ci mostra che di sicuro in qualche luogo del mondo ci saranno menti tentando di inventare l’arma col maggiore potere distruttivo che s’abbia potuto pensare per la prossima guerra, e soltanto con lo scopo di raggiungere il potere per il potere stesso e il piacere, ma il piacere che fa perdere il profilo.


DOVE IL CIELO È L’INFERNO

...Salutò i familiari mentre una lacrima solcava le sue guance. Abbattuto, venuto a meno iniziò il viaggio che lo porterebbe verso un altro luogo del pianeta, un altro profondo sogno, un’ altra ombra del destino. Con la foto della sua squadra preferita, senza pensare ad un possibile ritorno, con un mazzo di chimere e senza un futuro certo, partì...
Proscrizione, censura, processi militari, pseudodemocrazia, disoccupazione e povertà sono e sono stati le cause prime per cui i mille giovani argentini decidono di abbandonare il paese ogni anno all ricerca di nuovi orizzonti, d’un miglior futuro, senza contare sulle conseguenze che implica il fatto di dover lasciare il luogo natio.
Essere fuori dal territorio significa essere lontano dal sole, le ore non sono le stesse e il vento non soffia allo stesso modo. Colui che parte subisce cambiamenti estremi trovandosi in latitudini sconosciute e distanti dalla sua patria, e sebbene le sue condizioni di vita migliorino, i costumi, gli affetti e le vicende passate non si dimenticano facilmente.
Allontanarsi è rassegnarsi a perdere l’odore della terra; quella musica non suona e il cielo sembra oscurarsi lentamente. Un questionamento comune a tutto esiliato è, per esempio, domandarsi e ridomandarsi quanto tempo ci rimarrà e in quali istanze ritornerà. Quando è difficile adattarsi, quando non c’è nessuno con chi parlare e i ricordi invadono il momento, è quando il più pressione esercita il sangue del nativo. Allora, se dare battaglia è la consegna, chissà il ritorno non sia mala idea.


LA SOCIETÀ POSTMODERNA E LA COMUNICAZIONE VERBALE

Gli spartani si caratterizzavano per parlare con poche parole a allo stesso tempo dirlo tutto. Questa particolarità degli abitanti di Laconia si è fatta celebre e il termine laconico ha continuato ad applicarsi a tutta persona evasiva che parlasse in modo breve e conciso.
Oggigiorno, l’ecosistema della nostra società postmoderna è talmente invaso dall’aggressiva comunicazione visiva e il regno dello stetico, esclusivamente sul piano delle immagini. Allora un ritorno alla scuola laconica sembra inevitabile. Ogni volta è più evidente e paradossale che nell’era delle telecomunicazioni, del Internet, del “boom” della fibra ottica e del apparire di sateliti più poterosi, l’uomo stia più isolato, più incomunicato, più solo.
La società sembra scegliere la disgregazione, l’allienazione e la privazione dell’inefabile dono della parola, del arricchimento mutuo che solo può generare un interscambio sincero e onesto che ha il suo germe nel profondo dell’intimo. Allora sarebbe opportuno non parlare delle battaglie che non vengono librate a corpo a corpo ma nel campo dell’aggressività psicologica del turbine d’immagini che riceviamo ogni giorno attraverso i mass media, per, invece parlare sul messaggio di compromesso, sul desafio, sulla solidarietà, sullo spirito.


COMUNICARE: UN ARDUO COMPITO

Se si parte dalla breve e primitiva nozione per cui l’uomo è un essere sociale e che non può vivere isolato, la psicologia e la sociologia particolarmente, hanno tentato di spiegare i diversi fenomeni comunicazionali che lungo la storia hanno mantenuto gli essere in rapporto tra di loro tentando così di soddisfare, un bisogno basico e primordiale per la convivenza e la susistenza di se medesimo, la necessità di essere informato.
Informare è dare forma a una cosa ciò nonostante quello virtuale che ne risulta e il grado di soggettività che possediamo tutti gli esseri umani. È precisamente il modo in cui si centreranno i più grandi inconvenienti per un ottimo sviluppo della comunicazione fluida. È precisamente il modo dove entreranno in gioco una quantità considerevole di valori.
Il ruolo dei comunicatori dell’attualità è fondamentale per la formazione e , come se fosse poco , anche per l’educazione e la culturizzazione degli individui. Essere comunicatore, oggi acquisisce un’importanza rilevante entro il contesto sociale.
Nell’era dei comunicatori, il giornalismo occupa un posto privilegiato e noto come il quarto potere, con ruoli che prima non esercitava. Oggi risultano più credevoli le opinioni o le prove di un giornalista che quelle di un politico o d’un giudice.
Sebbene il giornalista non viene assignato con potere politico, nè con la facoltà di dettare sentenze o punimenti, il comune della gente adopera la partecipazione certa e diretta del giornalista entro un marchio giuridico e politico, dato che la si considera come principalmente basata sull’obviettività.
Da questo punto di vista, l’onestà intellettuale e la veracità, sarebbero i due valori imprescindibili a mantenersi stabile entro il sistema comunicazionale.
Viviamo in un mondo mediatizzato e soltanto la corretta manipolazione dell’informazione permetterà che i valori umani non si vedano diformati nella loro integrità in modo di dare forma al suddetto processo comunicazionale, permettendoci come possibilità il guardare il futuro con ottimismo.


DISUGUAGLIANZA PER MOLTI, GIUSTIZIA PER GLI ALTRI

La giustizia e la libertà sono due aspetti essenziali per mantenere uno stato democratico che pretende stabilizzarsi.
Quando uno di questi profili è falace, i precetti sociali etici vanno in rovina e i valori umani tendono a sparire.
Nella Repubblica Argentina l’incredulità verso la giustizia aumenta ogni giorno. Le spoglie di certi diritti, la mancanza di uguaglianza, il privileggio soltanto ottenuto da un settore minoritario e l’impunità sono dei fatti che convivono con il quotidiano e colpiscono permanentemente l’opinione pubblica.
L’incomprensibile sterminio dell’AMIA, l’aberrante violazione e posteriore morte di Maria Soledad Morales e il diavolica assassinio di Jos’e Luis Cabezas, sono chiari esempi che si possono menzionare all’ora di parlare d’ingiustizia. Il percorso del tempo e la non apparizione dei veri colpevoli hanno fatto che la giustizia perdesse ancor di più la credibilità.
A poco a poco l’atrocità di questi fatti è diventata petegolezza, mancanza di prove, i falso testimone, nuovo giudizio, nascondiglio di politici.
La mancanza di decisioni concrete ha fatto sì che l’opinione pubblica si veda sottomessa da uno stato di confusione e sfiducia, che fa perdere tutta nozione razionale di ciò che potrebbe concettualizzarsi da giusto: la virtù di dare a ognuno ciò che gli tocca.
Sebbene la crisi sia transitoria, sebbene ogni conflitto indichi un cambiamento e si tenti di cercare delle ragioni extraterrenali, soltanto i fatti concreti faranno possibile sepellire l’incredulità quasi consensuata che possiede la maggior parte dei cittadini. Soltanto in questo modo, la giustizia ricupererà il suo posto e la dimocrazia avrà come scopo lo sviluppo individuale e collettivo degli esseri umani. Allora, potremmo mettere in pratica la così tanto nota frase “Tutti siamo uguali davanti alla legge.”


Discriminazione: TUTTI SIAMO VITTIME E VITTIMARI

Etimologicamente il termine discriminazione denota disuguglianza, differenza, separazione e atteggiamento d’inferiorità verso una persona o collettività.
Fin da tempi remoti, dovuto alla discriminazione, sono capitate nel mondo le più assurde conquiste e i più terribili genocidi. Innumerevoli sono state le occasioni in cui l’intolleranza a portato l’uomo ad uccidere e a morire perchè non voleva accettare la presenza di altri esseri che possedessero le stesse caratteristiche essenziali.
Attualmente, mentre ci rigodiamo parlando di posmodernismi, dell’Internet, di neoliberalismo, di globalizzazione economica, di televisione interattiva e di clonazione umana, moltissimi sono i fatti che siscitano discriminazione ogni giorno, in una società in cui ogni passo tecnico in avanti sembra determinare un passo inessorabilmente indietro.
Nel nostro paese, molti sono i casi di separazione della gente per la gente. Queste vanno dai conflitti raziali o disuguaglianze sociali fino alla differenza prodotta dalla non accettazione degli handicappati, dagli excombattenti, dai droga-dipendenti, e dai ammalati terminali con l’AIDS.
Mentre la discrinazione sembra convivere nell’inconscio collettivo degli argentini, una chiamata alla riflessione sarebbe il primo passo per buttare giù le barriere che sono ancora chiuse e per allontanare un tema tabù che acquisisce un certo carattere sacro da parte di coloro che non vogliono vedere o tentano di nascondere un problema che tocca a tutti.
Andando più in là dalla controversia e antinomia che circondano il tema, nessun attacco d’amnesia dovrebbe farci dimenticare quell’intrinseca condizione che include tutti gli uomini, la condizione di essere umano.


DOVE INIZIA LA FINE

“...Perchè è arrivato il gran Dì della sua ira,e chi potrà resistere ?...”
Apocalisse 6:17

Viviamo negli albori della chiusura di un nuovo millennio. Con lui emerge dalle profondità del seno dell’umanità l’idea della fine. Ogni volta è più disperato e ossequente pensare che la fine dei tempi sia inevitabile, considerando che la storia (più in là dalle accezioni che le si possano dare) abbia compiuto il suo ciclo, covocando a una tradizione atemporale o arcaica e implorando che una forza metafisica si stabilisca sulla terra per giudicare i vivi e i morti.
Durante gli ultimi anni del primo millennio c’era l’ossessione della fine dei tempi. Perciò nel secondo millennio sono sorti gruppi millennaristi che davanti alla realtà di non vedere l’epilogo del primo millennio depositarono le loro spettative vaticinate perchè si compiano in questo secolo.
Questi diversi gruppi settari puntavano le loro idee fin dall’inizio sulla fine dei tempi orientandosi e proteggendosi con l’ultimo libro del Nuovo Testamento, l’Apocalisse di San Giovanni.Trascorso il tempo, queste idee, sono state modificate per effetto delle passioni, delle paure e delle speranze dei diversi movimenti neonati suscitati verso la fine del Duemila. Allora è quando, i sette tromboni, il mare diventato sangue, la caduta delle stelle, le aragoste che sorgono dalle profondità dell’abisso e la bestia di sette teste che emerge dal mare sono sostituiti dai depositi nucleari, dal bucco di ozono, dalla sparita dei boschi, dalle nuove malatie, dai climi che si vedono modificati e dall’ingenieria genetica che costruisce in detrimento della vita.
Viviamo le nostre proprie paure sulla fine dei tempi celebrando l’agonia delle ideologie sottomesse dalle zampe del consumismo irrazionale e irresponsabile. Così ognuno gioca con il fantasma dell’Apocalisse progettandolo in quella cassa vacua che aliena e tenta di convertire tutto in inesistente, dimenticando che paradosalmente, la forza del fantasma riseide precisamente nella sua inesistenza.


SISTEMA IN TERAPIA INTENSIVA

Viene denominato sistema, l’insieme delle parti ordinate tra sè e che costituiscono un tutto organizzato, indipendente da queste e che cerca di raggiungere mete predeterminate.
Perchè uno stato funzioni come sistema, i suoi componenti principali devono funzionare alla perfezione, dato che se solo uno di questi non lo fa, si produce uno squilibrio dannoso alla totalità delle parti e quindi al sistema.
Nell’Argentina, uno dei pilastri fondamentali è caduto, e con ciò la decadenza di un sistema che no nostante i tentativi di salvarlo, oggi si trova in terapia intensiva con pronostico riservato.
Mi riferisco pura ed esclusivamente alla giustizia come valore essenziale dei rapporti e dello sviluppo degli uomini entro un’organizzazione. Senza di lei, le altre parti che compongono il cosidetto sistema si vedono impossibilitate di occupare il posto che gli corrisponde, e si produce uno squilibrio che non permette di raggiungere le mete previste.
Indulti, corruzione, impunità, omicidi, figuraccie fatte dai giudici protagonisti, decreti non costituzionali, sono i motivi più che sufficenti per capire perchè diciamo che prima l’ingiustizia.
Da quando il settore politico è stato infettato da una terribile patologia che apparenta di essere terminale e che si chiama corruzione, molti sono stati i tentativi di salvaguardare e ristabilire il sistema nel nostro paese.
Chiaro esempio di questo è il ruolo che oggigiorno ha il giornalismo della Repubblica Argentina, che apporta delle prove per chiarire i fatti che la giustizia non può e occupando degli spazi che che prima non aveva.
Io, non parlo delle parti in senso astratto allontanate dal tutto che conformano, ma delle parti integrate dagli esseri umani. Se vogliamo che tutto cambi, dovranno cambiare anche gli uomini e le donne che lo integrano.


VIOLENZA: LA NOSTRA UNICA OPPONENTE

La violenza non soltanto si manifesta come aggressione fisica, ma è anche un fenomeno apparso negli ultimi tempi come aggressione verbale. Un insulto, una cattiva contestazione, una mancanza di rispetto sono chiare evidenze di violenza verbale e in molti casi determinano l’inizio della violenza fisica.
Molte volte il contesto aiuta perchè l’intolleranza stia presente tra di noi; chiari esempi sono le differenze politiche, le rivaltà tra i tifosi di calcio e i diversi problemi familiari e trasformano ciò che dovrebbero essere piccoli aspetti quotidiani di covivenza in litigi,
aggressioni e conflitti assurdi. A questi si sommano la carica sociale per la mancanza d’impiego, l’ingerenza dei mass media e la povertà.
Risulta preoccupante osservare che davanti alla minima situazione conflittiva si tenti di risolvere tutto con aggressività, forza e bruttalità.
La razza umana è l’unica che va contro se stessa. Questo non ci fa nemmeno paragonabili con gli animali dato che quando agiscono per istinto mai mettono in rischio la loro vita.
È tempo d’interrompere la distruzione del pianeta per incominciare a costruirlo, perchè è l’ora di dare alla tolleranza il valore fondamentale per la convivenza degli uomini e lasciare da parte l’altro come avversario considerando che in questo gioco l’unico e vero nemico si chiama VIOLENZA.


MARTINA

Soltanto la brezza di quel robusto albero che adornava il mio quartiere faceva resistibile la sera. La sera è stato il momento in cui Martina si è resa conto di sè, fatto di significativa importanza. Non c’era una ragione che determinasse perchè questo non fosse successo prima o dopo.
Dopo giocare con una piccola chiave che chiudeva uno dei portoni della casa (lei preferiva trattenersi con questo tipo di oggetti invece di farlo con giocatoli che comunemente adoperano altri bimbi), un’idea fugace attraversò la sua mente come lampo: lei era lei. Si fermò di un colpo, lasciò cadere la chiave e cominciò ad osservare la sua persona nella misura che la sua visione gielo permetteva. Alzò le mani per vederle e fu sufficente per avere un’idea di quanto piccolo fosse un corpo simile a quello suo. Sorpresa cominciò a ridere, e e ogni volta che muoveva un braccio o una gamba trovava nei movimenti ubbidienti un desiderio che la riempiva di bellezza.
Poi, cominciò ad esaminare la pelle delle sue mani con molta cura e delicatezza dato che la pelle era quella sua. Posteriormente, ne alzò una e accarezzò la sua guancia. Il contatto prodotto dalla soave mano nel nudo e tiepido volto diventò fremito di asombro, la carezza era così gradevole come sua madre. Però, se la sensazione proveniva dalla sua guancia o dalla sua , chi accarezzava e chi era l’accarezzato, nessuna analisi lo poteva determinare. Una volta, talmente convinta del fatto asombroso, Martina cominciò a considerare le conseguenze di questo successo.
Quella sera estiva, lei aveva perso il suo particolare egocentrismo che include soltanto la tenerezza e l’interesse verso gli altri, dato che gli altri non erano stati ancora riconosciuti come separati dal suouniverso, un universo che poteva confondersi con lei stessa.


PENOMBRA

“.. Il tempo finisce, il secolo se ne va, frenetica avanza l’era nucleare, l’urlo dell’uomo si perde tra mille, e nascono i giovani del l’anno duemila...”
Miguel Cantilo

Tra luci e ombre, il secolo ha saputo riflettere quello migliore della condizione umana, sebbene ha anche saputo nascondere nel buio le guerre, le massacri e i genocidi.
Il secolo se ne va e un opaco colore dipinge la sua pelle sotto un tono contraddittorio. Auge e decadenza, illusione e disincanto, successo e sfortuna, vita e morte sono alcuni degli antagonismi che ha dovuto attraversare una centuria il cui appropriato cognome non abbiamo ancora trovato.
Due catastrofiche e strepitose guerre mondiali, oltre ad un’innumerevole quantità di conflitti suscitati in tutto il mondo manifestano che tentiamo di agire in escludenti società machiavelliche dove l’altro diventa nemico intimo con la prima differenza, con la prima disuguaglianza.
Un secolo di avanzi e retrocessi scientifici che hanno collaborato con il detrimento della condizione di vita umana e anche con il miglioramento sociale. La tecnologia ha permesso grandi scoperte che hanno servito d’appoggio ospedaliero solidale in mezzo a tanta calamità; l’industria militare, invece ha collocato la scienza in ciò che virtualmente è un’arte al servizio della morte in mezzo a tanta umana dellusione.
Secolo dove per la prima volta quelli che abitiamo il pianeta terra abbandoniamo la nostra culla certificando l’esistenza di altri mondi in cui depositiamo l’illusione di salvarci un giorno. Abbiamo creduto di aver conquistato la luna seduti in una poltrona. Secolo della guerra fredda, tanto fredda come le tracce che lascia una daga nella lotta a corpo a corpo, tanto fredda come l’inverno che aliena le ossa togliendole l’identità corporale, tanto fredda come la brezza che lasciano le parole quando sono trascinate dal vento.
Secolo di capitalismo, di socialismo, di individualismo e di altri “ismi” al servizio della degradazione, della separazione e dell’iniquità;sacrificando il valore della vita alla ricerca di ideali persi che collocano l’utopia al servizio della stupidaggine.
Secolo di futuro incerto dove non coincideranno i numeri e i fatti, dove nè gli storiografi, nè i predicatori potranno vaticinare verso dove ci porta la corrente, verso dove si dirige il mondo o il nostro incerto destino.

“Chi lancerà il grido di allegrezza per svegliare i morti e gli orfani nell’aurora ? Ditemi, chi restituirà la memoria della vita all’uomo di speranze distrutte ?”
Leopold Sedar Senghor


FINESTRE

Alzate presto perchè il loro tormento stomacale ottenesse almeno una volta al giorno un istante di godimento rappresentato dalla tiepidezza di una tazza di mate cotto e due biscotti con grasso. Dopo, inalare il fumo di una sigaretta chissà sia la terapia più effettiva per confrontarsi con quello che molti chiamano realtà.
Ancora manteneva quell’insensata innocenza che patiscono i bambini e che tante volte imbarcano su navi portatrici del nulla con destino all’adolescenza. Ho sempre creduto che le barche di carta costruite per giocare nel pozzo d’acqua che c’era all’angolo sarebbero arrivate al mare presto o tardi.
La stoica avidità del suo sguardo che bene potrebbe farmi pensare che il piacere che produce l’uscita del sole dalle finestre l’avrebbe predisposto a sorprendersi. Però il suo riflesso visuale ritornava a sprofondarsi nella quoteidianità del cammino che doveva intraprendere per sottrarsi una volta in più nella rutina che che gli occasionava la stessa sensazione di essere vivo; che gli occasionava l’ingratitudine delle bianche pareti che oggi mi abitano.
Non da tutte le finestre si guarda la stessa aurora.


RADICI

La bustina di tè
Attraversa l’atmosfera.
Pioviggina stasera
Il pastaio non è passato.
Sebbene mia nonna
Continui a leccare il marciapiede
Allontanando gli autunni
Non ci sarà trofeo che eviti
un’altra perdita.

Serve il perdere,
non l’essere persi.

PREFAZIO

Un sentipensante sciolto
Discepolín disoccupato. Per stupido (gil) e anacronico.
È vero che il ventessimo secolo è uno spiegamento insolente di malvagità, ma non si tratta di un “cambalache”, d’un disordine senza logica, ma tutt’altro.
Negli albori del terzo millenio rimane chiaro che c´è un ordine. E le sue logiche di espressione sono contundenti all’ora d’impattare nella vita quotidiana di quelli che sono di più in questi “arrabales”1 del mondo.
Cinismo, apparienza, triplice discorso, speculazione, prepotenza del denaro e indifferenza.
Simile costelazione di valori ersi come dominanti originò un particolare stile di sopravvivenza.
Difficile è trovare qualcuno che dica ciò che pensa e sente. Quasi inesistente risulta una persona che rischi a balbettare idee in tempi che si vantano della propria ignoranza a cavallo del pragmatismo.
Ciò nonostante qualcosa sfugì dall’ordine crepuscolare che inocula l’ubbidienza dovuta nelle coscenze.
Una rinnovata e tenera ribellione nata dal dolore e dalla necessità di diffendere quello umano.
Quella che si fa presente in ogni nuovo patto d’amore anonimo in qualsiasi piazza d’una città che prima veniva chiamata a se stessa operaia e portuaria.
E che di solito è internalizzata dai giovani capaci d’innamorarsi e di contagiare la seduzione della parola e del pensiero per opporli allo sfacciato impero dell’efimero, maschera mutante che nasconde il privilegio ancora intatto delle minoranze.
I testi di Fabricio Simeoni sono imbevuti da questa molteplice dimostrazione di resistenza alla vita umana.
C’è una costante sfida a dire ciò che si pensa, a esporre il dolore che producono le situazioni quotidiane e anche viene registrato il valore del pensiero filosofico come attrezzo per costruire un futuro migliore.
Immagino Fabrizio nella sua sedia a ruote pieno d’illusioni e d’idee, giocandole in un libro anche col rischio di confrontare un insieme di diverse cautive paure che si suppone camminano come normali e, invece è da un tratto che hanno paralizzato il cuore e la testa, il sentimento e la ragione.
Mezza dozzina di anni addietro, in un’intervista da me fatta ad Eduardo Galeano, autore di “Las venas abiertas de América Latina”2, Lei mi ha raccontato sull’origine d’una parola che avevo letto in altri articoli. “Sentipensante”...così definiscono certi pescatori della costa peruviana gli esseri umani; perchè gli uomini conoscono , e sono a partire dell’intiuizione, il sentimento e la ragione. “Sono sentipensanti”, è stata la risposta dell’uruguaiano.
Da quel momento percorro le città e i paesini di questa provincia sconvolta dalla disoccupazione e dall’angoscia provocata dalla ricerca di sentipensanti.
Segni esistenziali che servono ad illuminare e tracciare un orizzonte diverso, valori incarnati che non siano quelli delle mercati e sguardi illuminati che commuovono ed emergono dal grigio della strada e di tanti commenti che percorrono le vie, come direbbe un vecchio Julio Cortázar.
Il sistema li sottovaluta, perchè i sentipensanti, indispensabili per la nuova speranza, stanno tra di noi.
Poco fa ne abbiamo scoperto uno di loro.
César, con tredici anni e con più della metà della sua vita raccogliendo barbabietole di zucchero e cottone, lontano dall’elettricità e dall’acqua potabile, in mezzo ad una città sottomessa come un feudo, Villa Ocampo. Questo fanciullo ha un sogno. Vuole essere poeta perchè una volta qualcuno, l’ha regalato un libro di Pablo Neruda e il ragazzino s’n’è innamorato, contagiato per tutta la sua vita da queste parole vive.
Se l’avesse letto, avrei detto che lo scrittore stava a dire una bugia.Ciò nonostante, non è stato così. Succede che a volte la realtà esagera in poesia esistenziale.
In questa mischia incredibile, profondamente umana in tenerezza e in ribellione sebbene ci siano tanti pesari.
César è un sentipensante.
Tra le sue mani, caro e sconociuto lettore, ha un insieme di cartoline esistenziali scritte da un altro irrecoverabile, incorregibile e indispensabile sentipensante chiamato Fabricio Simeoni.
Si lasci portare dai suoi pensieri semplici e profondi.
Sarà una maniera di sapere che ancora c’è, in mezzo a tanta mediocrità e speculazione, gente che ci fa sentire vivi e che ci dimostra che l’avventura umana ha un senso nel profondo dell’universo.
Carlos del Frade
Rosario, agosto 2000

RINGRAZIAMENTI

Questo libro e la sua presentazione hanno contato sull’appoggio e la buona volontà delle seguenti persone ed entità:

Liliana Aguirre
Asociación Veneta de Rosario
Abelardo Núñez
Mario e Gabriela Giacomini
Carlos Del Frade
Coki Debernardis
Marita Guimpel
Susana Valenti
Jorge Llonch
Centro Culturale Teatro Provinciale Manuel J. Lavarden
Onorevole Consiglio Municipale di Rosario
Consigliere Mónica Peralta
Consigliere Rafael Oscar Ielpi
Florencia Panarisi
Hernán Tomaino
Gabriela Bosco
Carolina Martín
Mariano Gasola
Claudio Vanzini
Maria Paula Alzugaray
Marcela Capobianco
Daniela Gómez Ávalos
Laura Maciel
Sonia Gambero
Ivana e Lucas Simeoni
E tutta la mia famiglia.


La prima stampa di Cronos è stata realizzata a Rosario durante il mese di agosto del 2000.